
Una volta praticato il pratyahara (ritiro dei sensi), isolandoci dal mondo esterno, è dharana (concentrazione), la via che ci conduce alla meditazione. Il termine dharana è derivato dalla radice "dhar" che significa "tenere", "tenere insieme", "sostenere". Dharana è infatti l'arte di concentrare le energie coscienti su un punto fisso.
Gli yogi indiani hanno sperimentato in questo sforzo cosciente, un'immensa potenzialità, non solo per giungere a modificare stati di coscienza, ma anche per risvegliare stati di pace, gioia e di contentezza. E' questo il segreto della meditazione. Portare l'attenzione su un singolo oggetto, reale o mentale, cercando di deviare il meno possibile e riportandovi l'attenzione ogni volta che la mente comincia a vagare. L'oggetto esterno può essere un'immagine sacra o simbolica, un mandala, un suono. L'oggetto interno può essere il respiro, una visualizzazione, la recitazione mentale di un mantra, i rumori interni del proprio corpo, la visione dello spazio ad occhi chiusi (chidakasha).
Durante la concentrazione la mente continua a focalizzarsi sull'oggetto prescelto, generando un flusso di immagini e sensazioni relative ad esso. La conseguenza è che perdiamo la percezione di ogni altra sensazione, almeno per qualche tempo e, idealmente, per tutta la durata della seduta. Il percorso consigliato è quello di andare da una percezione più generale, più grossolana, a una più particolare, più sottile, ad esempio passare dall'ascolto dei rumori esterni, alle sensazioni del nostro corpo, al respiro. E' come stringere le maglie di una rete, per andare sempre più nel particolare. Il processo meditativo si realizza quando tutta l'energia della persona entra in un rapporto intenso, vivo e vibrante con l'oggetto della concentrazione.
La pratica di pratyahara e dharana è di grande aiuto anche nella vita quotidiana, perché insegna prima ad isolarsi mentalmente e poi ad entrare in concentrazione con facilità sempre maggiore.