
Il Samkhya è una scuola di pensiero indiana nata intorno al 700 a.C. Questa filosofia costituisce uno dei sistemi ortodossi (darsana) nella cultura religiosa indù, ed è la base filosofica su cui poggia lo Yoga. Il termine sanscrito samkhya, significherebbe “enumerazione”, con riferimento alla classificazione dei principi cosmici e individuali cui riportare tutto ciò che è manifesto. Un altro possibile significato è “discriminazione”, con riferimento al fine della dottrina, quello di distinguere fra lo spirito (purusha), la nostra vera natura, e la materia (prakrti) e di tutti gli elementi che la costituiscono. Il fondatore di questa scuola è stato il mitico Kapila. Di questo personaggio non abbiamo molti riferimenti storici, quindi ci limiteremo ad esporre la sua filosofia.
Il Samkhya descrive com’è fatta la natura delle cose, di quali elementi è composta, esponendoli dal più sottile, al meno sottile, descrizione che riguarda sia il macrocosmo che il microcosmo, universo e uomo. Secondo questa scuola di pensiero, la fisiologia umana e l'universo, si possono classificare in 25 principi (tattva), che strutturano il sistema del Samkhya. In questo sistema filosofico, l'intera realtà scaturisce dalla relazione fra due principi onni-pervadenti ed eterni, quello pluralistico dei purusha e quello evoluzionistico della prakrti.
I purusha sono gli spiriti delle individualità umane, che sono di numero infinito. Questi purusha, sono spettatori passivi delle evoluzioni della prakrti. Il purusha va infatti considerato come l'ispiratore, che con la sua presenza, dona coscienza e vitalità all'intero creato, che nell'uomo diviene anima e assume l'aspetto di colui che conosce e non agisce.
La prakrti invece, è un ente agente e non cosciente. La prakriti è completamente pervasa da tre qualità costitutive, i tre guna: sattva, rajas e tamas. Queste entrano nella composizione di qualsiasi manifestazione della natura, e corrispondono rispettivamente alla “leggerezza”, al “dinamismo”, e alla “pesantezza".
Quando la quiete della prakrti, cioè l'equilibrio tra i tre guna, viene alterata, si ha l'inizio di un nuovo universo, e quindi l'avvio del mondo manifesto. Questa alterazione dello stato originario di quiete, è dovuta alla stretta vicinanza tra purusha e prakrti.
La prima manifestazione della prakrti è l'Intelletto (mahat o buddhi). Questo è l'elemento più sofisticato della prakrti, sede delle latenze accumulate nelle vite passate e delle disposizioni personali. L'intelletto è il solo che può consentire il discernimento fra prakrti e purusha.
Dall'Intelletto ha origine il senso dell'io (ahamkara), che è il principio di individuazione, quello che consente di rapportare gli eventi alla persona, che fa dire all'individuo <<io sento>>, <<io penso>>, <<io gioisco>>, eccetera. Queste percezioni sono però in realtà, aspetti della materia stessa, il soggetto non è reale. E' questo aspetto della prakrti, la causa della confusione col purusha, perché da un lato l'ahamkara si illude d'essere altro dalla materia, dall'altro il purusha si afferma come quello che non è.
Da ahamkara, sotto l'influsso di sattva guna, si sviluppa manas, la mente, il principio cognitivo. Manas sintetizza le informazioni ricevute dai sensi. Questa è la mente sensoriale esposta al continuo fluire delle vritti, le tendenze della mente, prodotte dall'interazione tra sensi ed oggetti. Manas è come uno schermo dove vengono proiettate le immagini che i sensi hanno raccolto dal mondo fenomenico, immagini con le quali l'ego si identifica, e che generalmente sono distorte e non corrispondenti alla vera realtà.
Da qui si ha appunto la cosiddetta serie sensoriale, costituita oltre che dalla mente, dai cinque sensi di conoscenza: udito, tatto, vista, gusto, olfatto, e dai cinque organi di azione: bocca, mani, piedi, organi sessuali, organi escretori; con i quali interagiamo con il mondo.
Da ahamkara, sotto l'influsso di tamas guna, sono generati i cinque tanmatra, gli elementi potenziali e archetipici, appartenenti alla manifestazione sottile e che generalmente non sono percepibili, ma desumibili per inferenza. Essi sono le essenze di: suono, contatto, forma, sapore e odore.
A partire da questi ultimi evolvono i cinque mahabhuta, gli elementi grossi: etere, aria, fuoco, acqua e terra; che compongono l'intero mondo materiale.
Quindi ricapitolando, secondo la teoria cosmologica indiana, l'universo ha un'evoluzione periodica, il tempo è circolare non lineare. Ogni qual volta il tempo riprende e una nuova evoluzione dell'universo a origine. Prima che il tempo riprenda, il cosmo è immanifesto, la prakrti giace in uno stato di quiete, ed è soltanto in questo stato, che ha i tre guna in equilibrio. A causa del karma di chi non ha raggiunto la liberazione dal ciclo delle rinascite, ed è destinato a reincarnarsi, lo stato di equilibrio viene alterato, e un nuovo ciclo prende inizio. Questo passaggio di stato, avviene quindi per cause etiche, e l'intero susseguirsi dei cicli, avrà termine soltanto quando tutti gli esseri avranno raggiunto la liberazione.
Il Samkhya con questa esposizione, ci dice che tutto ciò che compone la natura, è presente anche nel nostro corpo. Noi però non siamo il corpo, la mente e i prodotti della sua manifestazione, ma siamo il purusha, l'anima eterna. Il Samkhya, va quindi letto dal basso verso l’alto, ripercorrendo la via della coscienza a ritroso, per riconoscere tutti gli elementi che compongono l’universo e l'uomo, e riconoscere la nostra vera natura:
- mahabhuta, i cinque elementi che compongono l'universo (etere, aria, fuoco, acqua e terra)
- tanmatra, le cinque modalità esperienziali, legate alla nostra capacità di venire a contatto con le cose del mondo (suono, tatto, forma, sapore e odore)
- karmendriya, i cinque organi motori, tutto ciò che ci permette di compiere le azioni (bocca, mani, piedi, organi sessuali e organi escretori)
- jnanendriya, i cinque organi di senso, che ci permettono di acquisire la conoscenza delle cose (orecchio, pelle, occhi, lingua e naso)
- manas, la mente, che ci permette di percepire il mondo esterno, proprio attraverso i sensi, ma anche di percepire il nostro mondo interiore
- ahamkara, il senso dell'io, creato dalla nostra psiche
- buddhi, l'intelletto, dove ha sede la ragione, intesa come ciò che ci permette di discriminare ciò che è giusto da ciò che è sbagliato
- Purusha, la nostra anima, il nostro vero io, la nostra essenza.
L'errata percezione di ciò che siamo realmente, è la causa principale dello stato di sofferenza dell'uomo, la Maya, un'arbitraria costruzione di immagini, un'illusione.