
Le Quattro nobili verità
I ) Verità del dolore.
Nella vita degli esseri senzienti, tra cui l'essere umano, è insita la sofferenza. Tale esperienza del dolore riguarda anche i momenti di appagamento e serenità, in quanto essi stessi impermanenti. Da qui vi sono otto tipi di dolore: Il dolore della nascita, causato dalle caratteristiche del parto e dal fatto di generare le sofferenze future. Il dolore della vecchiaia, che indica l'aspetto di degrado dell'impermanenza. Il dolore della malattia, determinato dallo squilibrio fisico. Il dolore della morte, generato dalla perdita della vita. Il dolore causato dall'essere vicini a ciò che non piace. Il dolore causato dall'essere lontani da ciò che si desidera. Il dolore causato dal non ottenere ciò che si desidera. Il dolore causato dai cinque skanda (aggregati), ovvero dalla loro unione e dalla loro separazione. Questi sono il corpo, i sei sensi (vista, udito, gusto, odorato, tatto e mente), le sensazioni, le percezioni, la coscienza. Questa lista di otto dolori, viene riassunta in tre categorie:
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Dolore in quanto tale, che riassume i dolori inerenti alla nascita, la malattia, la vecchiaia e la morte. Ma anche quelli riguardanti all'essere uniti a ciò che non si desidera e a quelli procurati nel cercare di fuggire lo stesso dolore.
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Dolore per ciò che muta, che riassume le sofferenze procurate dall'impermanenza come quelli dell'essere separati da ciò che si desidera o quelli generati da non ottenere ciò che si brama.
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Dolore generato dall'esistenza, che riassume i dolori relativi all'insoddisfazione perenne procurata dall'esistenza nel samsara. Queste sofferenze sono collegate ai cinque skanda e ai relativi attaccamenti. Il dolore affligge l'uomo a motivo dell'impermanenza sia propria che di tutto ciò che sperimenta e conosce in vita. Questa sofferenza si rivela non solo quando si costata l'ineluttabilità di malattia, vecchia o morte, ma anche si è costretti al contatto con ciò che non si ama, come pure è percepita quando si è costretti alla separazione da ciò che si ama, o ancora quando si risente di un disagio esistenziale derivante dallo scontrarsi con una realtà che non soddisfa la propria adesione all'idea di un sé solido, affidabile ed imperituro. La frustrazione dei desideri è una delle più usuali percezioni del dolore.
II ) Verità dell'origine del dolore.
Il dolore non è una colpa del mondo, né del fato o di una divinità, né avviene per caso. Ha origine dentro di noi, dalla ricerca della felicità in ciò che è transitorio, spinti dalla sete o brama, per ciò che non è soddisfacente. Essa si manifesta in tre forme: kamatrsna, brama di oggetti sessuali; bhavatrsna, brama di esistere; vibhavatrsna, brama di annullare l'esistenza
III ) Verità della cessazione del dolore.
Esiste l'emancipazione dal dolore, occorre lasciare andare trsna, l'attaccamento alle cose e alle persone, alla scala di valori ingannevoli per cui ciò che è provvisorio è maggiormente desiderabile. Questo stato di cessazione viene denominato nirodha.
IV ) Verità della via che porta alla cessazione del dolore.
Esiste un percorso di pratica da seguire per emanciparsi dal dolore, è il percorso spirituale da intraprendere per avvicinarsi al nirvana, esso è detto il Nobile ottuplice sentiero.
Nobile Ottuplice Sentiero
Con l'insegnamento della dottrina del Nobile ottuplice sentiero il Buddha Shakyamuni intendeva offrire ai suoi discepoli il percorso di liberazione dalla sofferenza. Questa dottrina è l'esposizione dell'ultima delle Quattro nobili verità, essa si esprime in otto tappe:
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Retta visione, cioè il riconoscimento delle Quattro Nobili Verità attraverso la loro corretta conoscenza e la conseguente loro corretta visione.
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Retta intenzione, cioè il corretto impegno nel padroneggiare il non attaccamento e la compassione per tutti gli esseri.
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Retta parola, cioè l'assunzione della personale responsabilità delle nostre parole, ponendo attenzione nella loro scelta e ponderandole in modo che esse non producano effetti nocivi sugli altri e di conseguenza a noi stessi. Significa anche che il nostro agire deve essere improntato al nostro parlare e corrispondente ad esso.
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Retta azione, cioè l'azione non motivata dalla ricerca di egoistici vantaggi, svolta senza attaccamento verso i suoi frutti.
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Retta sussistenza, cioè vivere in modo equilibrato evitando gli eccessi, procurandosi un sostentamento adeguato con mezzi che non possano arrecare danno o sofferenza agli altri.
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Retto sforzo, cioè lasciare andare gli stati non salutari e coltivare quelli salutari. Significa anche confidare nella bontà della propria pratica buddhista perseverando con un corretto ed equilibrato impegno nello sforzo.
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Retta presenza mentale, cioè la capacità di mantenere la mente priva di confusione, non influenzata dalla brama e dall'attaccamento.
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Retta concentrazione, cioè la capacità di mantenere il corretto atteggiamento interiore che porta alla padronanza di sé stessi durante le pratiche della meditazione.